Dal
1928 il partito Comunista Tedesco si serve dei manifesti di
Heartfield, i quali per la qualità tecnica, meritano di essere
considerati a pari dignità con le fotoplastiche di Moholy-Nagy. In
quest'anno nasceva l'associazione degli artisti figurativi
rivoluzionari tedeschi ARBKD (Assoziation
Revolutionärer Bildender Künstler Deutschlands),
sorta dal bisogno degli artisti di stabilire un rapporto più diretto
con il partito comunista. L'associazione, conosciuta più
semplicemente come ASSO, deve organizzare la vita culturale,
artistica e politica nell'epoca del capitalismo industriale, in cui
la borghesia con i suoi diversi modi impone la sua potenza. L'arte è
stata relegata a livello di merce, il profitto è il principio
supremo del sistema capitalista! “l'art
mendie son pain”.1
Insieme alla Propaganda (compito più importante
dell'organizzazione2)
la ricerca formale non era da sottovalutare, benché non si
discostasse dalla sua funzione sociale. Comunque sia, l'attività
dell'ASSO è volta ad arginare la crescita della destra e del partito
Nazionalsocialista, che in questi anni s'appoderava degli stessi
strumenti di propaganda dei suoi avversari politici. Gli artisti
dell'ASSO si mettevano al servizio della classe operaia con il loro
talento,3
collaborando con ogni genere di strumento che si prestasse ai loro
scopi: Propagandawagen
(furgoncini di propaganda), propagandasäulen
(colonne di propaganda), testate proprie, volantini, manifesti, ecc.
“Anche la pittura di cavalletto riuscì a conquistarsi un nuovo
ruolo, nacquero infatti gli Agitationsbilder
(quadri di agitazione)”4.
In pittura cambiò anche la forma di rappresentazione del
proletariato, che, letta in chiave troppo pessimistica dagli artisti
della nuova oggettività come critica sociale, non soddisfaceva più
i membri dell'ASSO. “Essi desideravano rappresentare infatti la
classe operaia come una forza positiva e portatrice di speranze per
l'avvenire”5.
La grafica di agitazione è rimasta propria del KPD. La propaganda e
l'agitazione comunista mostrano una conoscenza psichica delle masse.
All’inizio della crisi economica i nazisti si proclamavano come il
partito dei lavoratori, senza tuttavia cambiare le loro prerogative a
discapito dei diritti dei lavoratori. Usando la propaganda
s’appoderano dei colori e dei simboli del movimento operaio con il
solo proposito di prendere il potere, “l’adversaire
rouge ne pouvait être battu qu’avec les armes qu’il employait
lui-même pour son succès.”6
Attraverso la manipolazione di un linguaggio con cui gli operai,
oppure la gente più umile, s’identificava, i nazisti riescono ad
aumentare il loro potere sugli altri partiti:
les
partis à leur tour s'emparent alors de ce nouveau medium et, dans
l'Allemagne de la République de Weimar,[…]
l'affiche politique envahit la rue où se pressent chômeurs et
enfants sans logis. La brutalité de l'image voulue par les
théoriciens du NSDAP signifie une volonté de puissance sur tous les
partis.7
A
partire del 1932 i tre partiti più forti (Socialdemocratico,
Comunista e Nazionalsocialista) aumentano la loro propaganda e il
manifesto diventa lo strumento principale di agitazione popolare,
favorendo, così, la raccolta di una sensibile percentuale di voti.
2I.
Torelli, “L’arte è un’arma”: attività di propaganda e
iconografia dell’ASSO di Berlino, Lipsia e Dresda, in L’Uomo
Nero,
a.III, n.4-5, ed. CUEM,
Milano, dicembre 2006; pp. 197.
3In
questo senso, l'ASSO si rifaceva alla Rote Gruppe che nel loro
manifesto indicano come fondamentale il Travail
d'éducation artistique dans les circonscriptions, projets de
modèles de journaux muraux, directives pour la confection des
affiches et banderoles pour les manifestations, etc., soutien des
recherches, qui ont encore un caractère dilettante, de membres du
parti pour manifester la volonté révolutionnaire par la parole et
par l'image. Manifesto
del Gruppo Rosso, 1924 in DADA
Paris-Berlin,
Centre Georges
Pompidou, Parigi, 1992, p. 303.
4I.
Torelli, “L’arte è un’arma”: attività di propaganda e
iconografia dell’ASSO di Berlino, Lipsia e Dresda, in L’Uomo
Nero,
a.III, n.4-5, ed. CUEM, Milano, dicembre 2006; pp. 199.
5Ivi.
p. 205.
7Ivi.
p. 394.
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