domingo, 25 de julio de 2010

Comunicare attraverso l'immagine


La pubblicità e la propaganda, svolgono una parte importante sia come campo di sperimentazione artistica, sia come elemento comunicativo in cui le masse s'identificano. La pubblicità è un'arte funzionale, “ses réalisations répondent d’ailleurs aux exigences de l’époque qui allait dans le sens d’une fonctionnalité technique appropriée au matériau utilisé.”1 Essa deve piegarsi alla sua funzione, così da trasmettere un’informazione chiara, sua missione sociale è creare un ordine estetico a livello di contenuto, “la forme devait […] découler logiquement du contenu.”2
Un caso particolare è rappresentato da John Heartfield; l’esperienza del Dada berlinese è stata fondamentale per l’evoluzione del suo linguaggio artistico. Qui avviene l’importante innovazione del fotomontaggio, praticato dalla maggioranza del gruppo con la precisa intenzione di fare della critica e della satira politica. Tralasceremo qui la discussione su chi sia stato lo scopritore di questa tecnica, considerando più importante l’uso che ne viene fatto. Interessante è però la testimonianza lasciataci da Grosz:

Su un pezzo di cartone incollammo alla rinfusa annunzi di cinti per l’ernia, di libri commerciali e di alimenti concentrati per cani, etichette di bottiglie di grappa e di vino, fotografie di giornali illustrati, ritagliate a capriccio e assurdamente ricomposte… il tutto combinato in modo che il fotomontaggio dicesse con le sue immagini quello che a parole sarebbe caduto sotto le forbici della censura.
Preparammo così delle cartoline che potevano sembrare mandate dal fronte in patria o da casa al fronte. Alcuni amici, tra i quali Tretjakojj, ne fecero una leggenda, secondo cui «il popolo, anonimamente» avrebbe inventato, in questa maniera, il fotomontaggio… la verità è che Heartfield ne fu incoraggiato a sviluppare una tecnica precisa da quella che originariamente era stata soltanto una satira politica fatta per divertimento.3

Heartfield s'appropria dell'invenzione, nata come gioco, facendone una “tecnica precisa”. Avendo compreso l'insufficienza e la corruzione delle forme dell'arte tradizionale, lascia l'esagerazione distruttiva delle azioni dadaiste per attuare i suoi mezzi d'espressione, attraverso la pubblicità, i giornali, copertine di libri e riviste, ecc., che sceglie fra le possibilità sempre più proprie dei nuovi mass media per la canalizzazione del loro potenziale a profitto della lotta rivoluzionaria. Egli adotta la politica come nuovo fondamento dell'arte. Questo impegno esige immagini predisposte alla comunicazione di massa, “de nouveaux problèmes politiques exigent de nouveaux moyes de propagande. Pour cela, c'est la photographie qui a la plus grande force de persuasion.”4 A questo scopo possono essere stati fondamentali il testo già citato Produktion - Reproduktion di Moholy-Nagy e la risposta di Grosz all'inchiesta Ein Neuer Naturalismus??5, circa l'uso delle nuove tecnologie nel campo dell'arte. Negli anni tra il 1922 e 1924 la posizione di Heartfield rispetto agli altri membri del Dada berlinese incomincia a differenziarsi. È vicino ai veristi e alla nuova oggettività in quanto non si separa dall'attualità, dai modi di comunicazione, dalla realtà politico-economica, perché per essere compreso dalle masse non può che appellarsi a questo campo. Ma Heartfield non è più inquadrabile in un movimento; qualsiasi caratteristica che gli si può attribuire deriva dal suo impegno socio-politico e dalla tecnica che utilizza per agire, che altra non può che essere il fotomontaggio, che permette di confrontare l'esperienza del lavoro con le strutture della realtà. Il fotomontaggio come simulazione della realtà, riesce a imporre la sua razionalità. “A partire dal 1924, dunque, il suo lavoro deve essere analizzato secondo i parametri di un'operazione estetica nell'ambito di una finalità di azione politica, in cui è assolutamente fondamentale il rapporto paritario di parola e immagine”.6 Siamo sullo stesso piano del Tipofoto di Moholy-Nagy. Esse esprimono, per dirla con Winckelmann, molto con poco. Il messaggio scritto e quello visuale dell'immagine, non lasciano scampo a interpretazioni sul contenuto che si vuole trasmettere, “il réussit à trouver un mode d'expression propre dans le domaine de la réalisation typographique et du dessin publicitaire”.7

1 DADA Paris-Berlin, Centre Georges Pompidou, Parigi, 1992, p. 398.
2 Ibidem.
3 H. Richter, Dada. Arte e antiarte, ed. Gabrielle Mazzotta, Milano 1966, 1974; p. 142
4DADA Paris-Berlin, Centre Georges Pompidou, Parigi, 1992, p. 402.
5Importante sono anche gli scambi tedesco – sovietici. J. Nigro Covre, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci, Roma, 1998; pp. 104-107.
6 Ivi. p. 108.
7DADA Paris-Berlin, Centre Georges Pompidou, Parigi, 1992, p.424.

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