Questa posizione si
afferma quando Serner, prendendo le distanze dal gruppo riunito
attorno al Cabaret Voltair, tratta Hugo Ball e Richard Huelsenbeck
come due ribelli giovanili e li giudica duramente, sulla propria
rivista, per la loro “blasphème impardonnable contre
l’intelligence”1,
accusandoli di “se livrer à de pures singeries, au lieu de
proposer una veritable alternative à ce qu’ils veulent détruire”2.
Schad, vicino a Serner e alle sue posizioni antinichiliste, si
tiene relativamente in disparte dalle attività dadaiste, non
apprezzando “gli atteggiamenti studiati ed il rumore”3,
anche se la sua invenzione della fotografia senza camera verrà da
subito rivendicata come pratica dadaista.
La
“scoperta” della schadografia
Dal 1916 Schad si
stabilisce a Ginevra: “eravamo una piccola minoranza che costituiva
per le due parti belligeranti un gruppo di outsiders e di
guastafeste. Partecipavamo attivamente al movimento Dada soprattutto
dipingendo, facendo rilievi, legni e Schadografie, termine
coniato da Tristan Tzara”4.
La disputa che vedeva tre
artisti –Christian Schad, Man Ray e Lazlo Moholy-Nagy –competere
per la “scoperta” della fotografia senza camera fotografica, si è
conclusa oggi a favore di Christian Schad5.
Questi, forse influenzato da Serner, realizza nel 1918, o più
probabilmente nel 1919, nel suo atelier di Ginevra, i primi
esperimenti di questo tipo. Sovrapponendo, su fogli di carta
fotosensibile, dei pezzi di carta o di tessuto ad oggetti «trouvés»,
ed esponendoli a una sorgente luminosa velata o diafframata6,
ottiene delle immagini molto particolari: l’effetto è quello di
collage immateriali7.
“Serner salue danc
ces images abstraites, la fin de la technique pure dans l’art”8.
Come il fotomontaggio, che entrando prepotentemente nel linguaggio del dadaismo berlinese con la precisa intenzione di fare della satira politica e con il fine di rifiutare il “valore” estetico, rivoluziona il rapporto tra parola e immagine e tra parola e realtà11; le componenti dell’operazione della fotografia senza camera vanno rintracciate fondamentalmente in due momenti della ricerca estetica del secolo scorso: nel collage cubista e nell’importanza che la fotografia e il cinema assumono nel costruttivismo. Le nuove espressioni, costituite da fotografia e cinema, vanno inquadrate dal rapporto tutto nuovo stabilito tra arte e tecnica nel costruttivismo russo e che portano ad un trasferimento di interesse dal campo dell’arte figurativa a quello della fotografia. Moholy-Nagy individua proprio nella fotografia e nel cinema la massima possibilità di produrre con le forme “nuove relazioni, finora sconosciute”12.
La schadografia, o fotogramma, appare come l’estremo sviluppo delle potenzialità insite nel collage cubista.
1
W. SERNER, 1916 in Dada, catalogo della mostra, Parigi,
Centre Georges Pompidou, 2005. p. 102
2
Ibidem
3
C. SCHAD
4
C. SCHAD
5
Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre
Georges Pompidou, 2005. p. 866
6
G. LISTA, (a cura di), Dada , l’arte della negazione,
catalogo della mostra a cura di Giovanni Lista, Roma, Palazzo delle
Esposizioni, 1994. p.362
7
A. L. HOCKENSMITH, in Dada, catalogo della mostra, Parigi,
Centre Georges Pompidou, 2005. p. 864
8
Ibidem
9
C. SCHAD, (descrizione del procedimento delle Schadografie da una
lettera a Helmut Gernsheim, agosto 1960); in Christian Schad,
catalogo della mostra a cura di Bettina Schad, Milano, Galleria
Schwarz, 1970. p. 22
10
Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre
Georges Pompidou, 2005. p. 866
11
J. NIGRO COVRE, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci 1998.
pp. 104-106
12
L. MOHOLY-NAGY, in J. NIGRO COVRE, L’arte tedesca nel
Novecento, Carocci 1998, p. 107
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