lunes, 14 de febrero de 2011

Christian Schad e le schadografie


Questa posizione si afferma quando Serner, prendendo le distanze dal gruppo riunito attorno al Cabaret Voltair, tratta Hugo Ball e Richard Huelsenbeck come due ribelli giovanili e li giudica duramente, sulla propria rivista, per la loro “blasphème impardonnable contre l’intelligence1, accusandoli di “se livrer à de pures singeries, au lieu de proposer una veritable alternative à ce qu’ils veulent détruire2.
Schad, vicino a Serner e alle sue posizioni antinichiliste, si tiene relativamente in disparte dalle attività dadaiste, non apprezzando “gli atteggiamenti studiati ed il rumore”3, anche se la sua invenzione della fotografia senza camera verrà da subito rivendicata come pratica dadaista.


La “scoperta” della schadografia
Dal 1916 Schad si stabilisce a Ginevra: “eravamo una piccola minoranza che costituiva per le due parti belligeranti un gruppo di outsiders e di guastafeste. Partecipavamo attivamente al movimento Dada soprattutto dipingendo, facendo rilievi, legni e Schadografie, termine coniato da Tristan Tzara”4.
La disputa che vedeva tre artisti –Christian Schad, Man Ray e Lazlo Moholy-Nagy –competere per la “scoperta” della fotografia senza camera fotografica, si è conclusa oggi a favore di Christian Schad5. Questi, forse influenzato da Serner, realizza nel 1918, o più probabilmente nel 1919, nel suo atelier di Ginevra, i primi esperimenti di questo tipo. Sovrapponendo, su fogli di carta fotosensibile, dei pezzi di carta o di tessuto ad oggetti «trouvés», ed esponendoli a una sorgente luminosa velata o diafframata6, ottiene delle immagini molto particolari: l’effetto è quello di collage immateriali7. Serner salue danc ces images abstraites, la fin de la technique pure dans l’art8.

Il procedimento consiste nel fare delle fotografie senza macchina fotografica. Si dispongono degli oggetti su una superficie sensibile (lastra o carta) e li si espone a una fonte luminosa. In due parole questo è il procedimento, ma le sue applicazioni sono molteplici. Si tratta soltanto di scegliere gli oggetti e di disporli in modo che ne risulti una enunciazione. Il gusto è determinante. Anche qui si può cadere nella volgarità. A mio parere si dovrebbero utilizzare solo gli oggetti che hanno in sé una qualità magica. E questo non è così semplice9.

In realtà la tecnica del cosiddetto fotogramma, non è stata “inventata” da Schad ma, conosciuta con appellativi diversi, era stata già praticata, dopo il debutto della fotografia su carta, dai pionieri della fotografia Thomas Wedgwood, proprio all’inizio del XIX secolo, e da William Henry Fox Talbot, che l’aveva battezzata photogenic drawing. Durante tutto il XIX secolo la fotografia senza camera, battezzata photocalque, photo directe, naturselbstduck, veniva utilizzata soprattutto con fini scientifici o ludici10. La vera invenzione di Christian Schad risiede nell’irruzione di questa tecnica nell’arte.
Come il fotomontaggio, che entrando prepotentemente nel linguaggio del dadaismo berlinese con la precisa intenzione di fare della satira politica e con il fine di rifiutare il “valore” estetico, rivoluziona il rapporto tra parola e immagine e tra parola e realtà11; le componenti dell’operazione della fotografia senza camera vanno rintracciate fondamentalmente in due momenti della ricerca estetica del secolo scorso: nel collage cubista e nell’importanza che la fotografia e il cinema assumono nel costruttivismo. Le nuove espressioni, costituite da fotografia e cinema, vanno inquadrate dal rapporto tutto nuovo stabilito tra arte e tecnica nel costruttivismo russo e che portano ad un trasferimento di interesse dal campo dell’arte figurativa a quello della fotografia. Moholy-Nagy individua proprio nella fotografia e nel cinema la massima possibilità di produrre con le forme “nuove relazioni, finora sconosciute”12.
La schadografia, o fotogramma, appare come l’estremo sviluppo delle potenzialità insite nel collage cubista.



1 W. SERNER, 1916 in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 102
2 Ibidem
3 C. SCHAD
4 C. SCHAD
5 Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 866
6 G. LISTA, (a cura di), Dada , l’arte della negazione, catalogo della mostra a cura di Giovanni Lista, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1994. p.362
7 A. L. HOCKENSMITH, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 864
8 Ibidem
9 C. SCHAD, (descrizione del procedimento delle Schadografie da una lettera a Helmut Gernsheim, agosto 1960); in Christian Schad, catalogo della mostra a cura di Bettina Schad, Milano, Galleria Schwarz, 1970. p. 22
10 Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 866
11 J. NIGRO COVRE, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci 1998. pp. 104-106
12 L. MOHOLY-NAGY, in J. NIGRO COVRE, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci 1998, p. 107

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