Abbiamo
dunque detto che all'arte viene chiesta una descrizione esatta,
fotografica, delle cose. In detto contesto s’inserisce la
pubblicità, di cui Hartlaub s’esprime così:
On
doit parvenir à impact publicitaire correspondant aux besoins du
marché (impact naturellement le plus probant pour le commanditaire,
et fonction de préoccupations multiples qui, le plus souvent, n'ont
rien d'artistique) et ce, autant que possible, à l'intérieur d'une
conception artistique signifiante. En un mot, faire coïncider
le commercial et l'esthétique. Cet idéal est acessible.1
In
questa ansia di novità e sperimentalismi rientra l'attività della
Bauhaus, in particolare quella grafico-pubblicitaria. Quando la
struttura si trasferisce a Dessau,2
l'allestimento di una stamperia tecnica subentra alla stamperia
d’arte di Weimar. Qui (a Dessau) vi si praticava la composizione a
mano, la stampa e l’impaginazione grafica. Dal 1925 fino al 1928,
la direzione della stamperia fu affidata a Herbert Bayer, che
si occupò di tipografia e tecnica pubblicitaria. In uno scritto del
1928 Bayer afferma: “la pubblicità è divenuta oggi essenziale.
Essa è inoltre… un’espressione culturale è un fatto economico,
ed è quindi una peculiarità del nostro tempo.”3
Il lavoro pubblicitario esige chiarezza, precisione e nitidezza,
parole che si accordano perfettamente con “obbiettivo”, un’ottica
senza pregiudizi. Queste caratteristiche permettono la comunicazione
immediata di un messaggio allo spettatore, attraverso immagini o
caratteri tipografici si deve riuscire a dare ragione di cause più
profonde. A questo fine si deve evitare qualsiasi tipo di estetismo a
vantaggio di un migliore sfruttamento del materiale tipografico,
“l’esigenza di evitare confusioni è una richiesta
importante[…]”.4
Questo è un periodo di ripresa economica per la Germania e Bayer
mette in evidenza, l’importanza psicologica della comunicazione
pubblicitaria, come elemento d’impatto nella vita quotidiana:
[…]
pavilions,
kiosks, and other display structures of 1924-25 - schemes that
already show the impact of Reklame-Architektur, a new species of
building that arose in German metropoles during this period of
economic reconstruction, in wich advertising becomes an integral part
of the facade.5
La
Germania abbracciava il capitalismo e con l’accettazione del «piano
Dawes»6
riceve prestiti e investimenti dall’estero, ottenendo anche una
considerevole riduzione dell’ammontare dei risarcimenti.
L’industria e il business si ristabiliscono. Bayer adotta nel suo
lavoro un linguaggio diverso per approdare al capitalismo in modo
nuovo: “in effect
they adapt aspects of de Stijl, Dada, and Constructivism, all
socialist or communist in spirit, to sketch a new look for capitalist
enterprise.”7
Insieme a lui lavora László Moholy-Nagy, docente della Bauhaus dal
1923. Un anno prima aveva pubblicato, all’interno della rivista De
Stijl, l’articolo
Produktion -
Reproduktion,8
testo di vitale importanza, in cui s'affronta l’uso delle nuove
tecnologie come mezzi per la creazione artistica. Qui entra in
particolar modo l’impiego della fotografia, non più come semplice
sdoppiatore del mondo circostante, ma come mezzo capace di generare
nuove forme di realtà. Anche se la fotografia esiste da quasi un
secolo, da queste parti era stata usata soltanto per scopi
riproduttivi. Era necessario creare nuove relazioni, nuovi rapporti
dialettici, “poiché la produzione (produzione produttiva) serve
soprattutto allo sviluppo dell’uomo, bisogna cercare di ampliare a
scopi produttivi gli apparecchi (i mezzi) sin qui usati solo per
scopi riproduttivi.”9
2Dopo
della chiusura della Bauhaus di Weimar, l’istituzione si
trasferisce a Dessau nel 1925. M. De Michelis, A. Kohlmeyer (a cura
di), Bauhaus,
ed. Mazzotta, Milano, 1996; p. 24.
3
H. Bayer, “Tipografia e grafica pubblicitaria” in H. M. Wingler,
Bauhaus,
ed. Feltrinelli,
Milano, 1972; p. 159.
4
Ibidem.
5
B. Bergdoll, L. Dickerman (a cura di), Bauhaus
1919-1933: workshop for modernity,
The museum of modern art, New York, 2009; p. 174.
6
Charles G. Dawes, banchiere e statista americano che propose
l’evacuazione della Ruhr. P. Gay, La
cultura di Weimar
(1968), trad. it., Dedalo, Bari 1978; p. 229.
7
B. Bergdoll, L. Dickerman (a cura di), Bauhaus 1919-1933:
workshop for modernity,
The museum of modern art, New York, 2009; p. 176.
9
L. Moholy-Nagy, Pittura
fotografia film, a
cura di Antonello Negri, ed. Scalpendi, Milano 2008; p. 57.
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