Le
emergenti avanguardie del primo dopoguerra hanno contributo alla
creazione di un nuovo linguaggio: il rifiuto del passato con la
formazione di nuovi concetti di oggettività e di specificità, i
quali si sviluppano in una cornice sociale e politica.
Nel
periodo tra il 1920 e 1925, l'arte attraversa un processo di
rinnovamento; espressionismo, cubismo e futurismo, la Novembergruppe,
non riescono più a incidere sul presente. La loro convinzione che
l’arte sia l’“unico mezzo per ricostruire un mondo dello
spirito”1,
non sa
più rispondere alle esigenze di mutamento politico: “la
volonté de mutation politique des artistes […]
resta aussi abstraite que leurs tableaux. Jamais
ces poètes et ces peintres n'avaient touché ou ébranlé le réel.2
Lavorare
occupandosi soltanto di problemi di forma, vuol dire, ritener la
causa rivoluzionaria un ideale utopico. Tali posizioni non si
dimostrano più in grado di attuare una trasformazione della società.
Anche il dadaismo con il suo cinismo,3
aiutò l'evoluzione di una langage
in chiave politica, introducendo inoltre, l'uso della fotografia4
nelle forme più diverse. Dopo la Dada
Messe, il dadaismo
cerca un nuovo respiro nel costruttivismo e nella metafisica. I
diversi “ismi” stanno confluendo in una tendenza, almeno per
quanto riguarda l’aspetto formale, di “nuovo naturalismo”. Nel
settembre del 1922 , la rivista Das
Kunstblatt pubblica
l’inchiesta Ein Neuer
Naturalismus?5,
in cui si può percepire quale è la via che si sta percorrendo e che
sfocerà, di lì a poco, nell’intenzione di Hartlaub di organizzare
una mostra:
In
autunno vorrei organizzare una mostra di dipinti e di grafica di
medie proporzioni, che potrebbe chiamarsi «Die
neue Sachlichkeit»[La
nuova oggettività].
Sono
interessato a esporre delle opere rappresentative di quegli artisti
che negli ultimi dieci anni non sono stati vicini né ai
dissolvimenti dell’impressionismo, né all’astrazione
espressionista: quegli artisti che non hanno praticato né un
sensualismo puramente esteriore, né un costruttivismo puramente
interiore. Vorrei far vedere quegli artisti che sono rimasti fedeli
alla realtà positiva e tangibile, o sono tornati a esserle fedeli,
rappresentandola in modi riconoscibili. […]
Rientrano
nel mio progetto tanto l’ala «destra» (i neoclassicisti, se così
vogliamo dire), ad esempio certe cose di Picasso, Kay Nebel, e così
via, quanto l’ala «sinistra», «verista», nella quale si possono
comprendere Beckmann, Grosz, Dix, Drexel, Scholz e altri.6
Realtà,
naturalismo, verismo. Lo spettatore ha bisogno di un arte capace di
suscitare un’azione politica attiva. In quest’epoca borghese,
l’arte è divenuta un "linguaggio di segnali ad uso privato"7,
manipolato per sostituire il senso sociale della realtà con uno
fittizio. Hartlaub individua due posizioni nella “nuova”
tendenza,8
– le quali si
riferiscono come sopraddetto, più a una questione di stile che non
di carattere interiore o di contenuto – : Un'ala destra e un'ala
sinistra. Delle due è l’ala sinistra quella che urta maggiormente
la realtà; artisti che muovono il loro lavoro da una pura
speculazione artistica verso un mestiere che tiene conto del
“presente, delle condizioni attuali e della realtà politica”9.
L’artista si pone come un mediatore tra lo spettatore e la realtà,
senza però tenere un rapporto individualistico, soggettivo, con
essa. Si esige un arte impersonale, non mediata, insomma, collettiva.
Questo si raggiunge attraverso l'oggettività. L’ala destra si
dimostrava, rispetto al fronte verista, un’arte più innocua, meno
incisiva nella realtà contingente. Tale fatto è dovuto ai soggetti
delle loro opere: “i suoi soggetti tradizionali, sono
esclusivamente nature morte e paesaggi italiani (Kanoldt), ricchi di risonanze
storico-culturali e suggestioni naturali”, “i generi preferiti
erano il paesaggio […] e la natura morta (Mense)”10.
Tuttavia non dobbiamo concludere che nell'ala destra non vi fosse una
certa drammaticità, forse era soltanto, più mediata, nostalgica o
intellettualistica.
1Ivi.
p. 85.
3Il
movimento Dada tedesco aveva le sue radici nell’idea […] che
fosse la più perfetta follia pensare che lo spirito, o in qualche
modo dei principi spirituali, reggessero il mondo. G.
Grosz, W. Herzfelde, “L'arte è in pericolo” in A. Negri, Carne
e Ferro, ed.
Scalpendi, Milano, 2007; p. 231.
4L'utilisation
de la photographie sous diverses formes, influençèrent de façon
décisive la conception graphique de la réclame.
DADA
Paris-Berlin,
Centre
Georges Pompidou, , Parigi, 1992; p.396.
5
Ein
Neuer Naturalismus?? Eine Rundfrage des
«Kunstblatt» (Un nuovo naturalismo?? Una
inchiesta di «Kunstblatt»), rivista berlinese diretta da Paul
Westheim. Nell’inchiesta vengono interrogati, tra gli altri, Grosz
e Hartlaub.
6
Questo è il primo progetto della mostra di Mannheim che per varie
difficoltà, si aprira solo nel 1925. Gustav Hartlaub, “Lettera
circolare, 17 maggio 1923” in E. Pontiggia, La
Nuova Oggettività Tedesca,
ed. Abscondita, Milano, 2002; p. 24.
8
Di oggettività aveva già parlato Max Beckmann nel 1917: Il
curatore di questo catalogo mi ha chiesto di parlare del mio lavoro.
Non ho molto da dire: «Essere un bambino della propria epoca.
Naturalismo contrapposto al proprio io. Oggettività [Sachlichkeit]
della visione interiore». M. Beckmann, “presentazione 1917” in
E. Pontiggia, La Nuova
Oggettività Tedesca,
ed. Abscondita, Milano, 2002; p. 11.
10Ivi.
pp. 28, 29.
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