1925
Friedrich
Ebert muore. Dopo una seconda tornata e varie manovre, le elezioni
portano al potere il vecchio eroe della prima guerra mondiale,
Hindenburg. In questo periodo la repubblica di Weimar gode di
un’apparente e relativa stabilità, con un minor numero di
sollevazioni. È l'inizio di un'apparente ripresa economica. In campo
artistico Moholy-Nagy pubblica il saggio Malerei
Fotografie Film; a
Mannheim si tiene la mostra Neue
Sachlichkeit,
organizzata da Hartlaub; Grosz e Herzfelde pubblicano Die
Kunst ist in Gefahr:
Riassumiamo:
senso, divenire e storia dell'arte stanno in diretta relazione con
senso, divenire e storia della società. Premessa della conoscenza
del giudizio anche dell'arte della nostra epoca è, di conseguenza,
uno spirito rivolto a una conoscenza dei fatti e dei nessi del vivere
reale con tutte le sue scosse e tensioni.
L'umanità
si sta impadronendo su vasta scala, da un secolo a questa parte, dei
mezzi di produzione della terra. Contemporaneamente, la lotta degli
uomini gli uni contro gli altri per il possesso di questi mezzi
assume forme che sempre più ampiamente li trascinano, senza
eccezioni, nei rispettivi vortici.
Da
una parte operai, impiegati, funzionari, commessi viaggiatori;
dall'altra azionisti, imprenditori, commercianti e finanzieri. I
restanti rappresentano le retrovie dei due fronti. Questa lotta per
la sopravvivenza che divide l'umanità in una metà sfruttata e in
una metà sfruttatrice si chiama, nella sua ultima e più acuta
forma, lotta di classe.
Sì,
l'arte è in pericolo. Se non vuole correre nel vuoto o essere un
vagabondo cieco fuori dal tempo, l'artista di oggi può solo
scegliere fra due fuochi: tecnica o propaganda per la lotta di
classe. In entrambi i casi deve rinunciare all'«arte pura». Sia nel
caso che, come architetto, ingegnere o disegnatore pubblicitario si
inserisca nell'esercito – organizzato in maniera ancora molto
feudale – che sviluppa le forze industriali e sfrutta il mondo;
sia
nel caso che, rispecchiando come sismografo e critico il volto del
proprio tempo, agisca come propagandista e difensore dell'idea
rivoluzionaria e dei suoi partigiani nell'esercito degli oppressi,
che lottano per partecipare ai valori del mondo e per
un'organizzazione di vita sociale ricca di significato.1
Nello
scritto sono presenti le problematiche sulle quali maggiormente si interrogavano
gli artisti: l'utilizzo di nuove tecnologie nel campo artistico (la
fotografia, la tipografia, la cinematografia, ecc...), la discussione
sulla funzione dell'arte, il ruolo dell'artista nella società e
nella vita politica; la parte finale del testo è un chiaro invito a
prendere risolutamente posizione, sia nella vita politica che in
quella artistica. L'artista è chiamato a essere descrittore e
critico, un propagandista dell'idea rivoluzionaria. Parole, queste,
che non rappresentano un puro manifesto spiritualistico, tant'è vero
che nel 1924 Grosz, Heartfield, Dix, Schlichter e altri si legano al
Rote Gruppe (Gruppo
Rosso), “la prima associazione di artisti comunisti in Germania”.2
In questi anni la politica incomincia a diventare un nuovo fondamento
per l'arte. Tenteremo ora di capire quale fosse il linguaggio
in evoluzione che verrà utilizzata dall’artiste
engagé.
1G.
Grosz, W. Herzfelde, “L'arte è in pericolo” in A. Negri, Carne
e Ferro, ed.
Scalpendi, Milano, 2007; p. 325.
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