miércoles, 17 de junio de 2009

Due poesie Uno sguardo verso oriente…

T’ho scritto senza scrivere nulla, perché al mio spirito senza messaggi ho scritto. Nulla può separar lo spirito da chi l’ama, come un addio che concluda la missiva. Ogni lettera tua riporta a te la sua risposta, senza inviarne alcuna.

Al-Hallag

È un importantissimo poeta sufi che per alcune sue affermazioni troppo violente (fra cui ana ‘l-haqq, io sono la verità, che è uno dei 99 nomi di Dio) verrà pubblicamente decapitato e arso. La sua poesia è tutta impregnata di misticismo tanto che il 90% delle sue poesie sono un dialogo serrato con Allah, con il quale il sufi entra in contatto. La poesia in questione non è dedicata a Dio ma a una caro amico del poeta, sufi anch’esso, morto per un interrogatorio con tortura. Così come il sufi entra in contatto con Dio anche gli appartenenti alla tariqa (confraternita sufi) hanno la capacita di avere un legame spirituale così elevato da comprendersi senza la parola.



Quando i martiri vanno, sono io che li proteggo dalle condoglianze d’obbligo
Dico loro: vi sveglierete in un paese di nuvole e alberi, miraggi ed acqua
Mi congratulo con coloro che sono scampati a un evento impossibile e dall’eccesso di stima del massacro
Porto via il tempo perché mi stappino dal tempo. Non siamo tutti martiri?
E sussurro: Amici miei, lasciate un muro per tendere il filo del bucato, lasciate una notte per cantare
Appenderò i vostri nomi dove vorrete, quindi dormite un po’ e dormite sulle scala della vigna acerba
Ch’io protegga i vostri sogni dai pugnali dei vostri guardiani e dalle rivolte del Libro contro i profeti
Siate l’inno di chi è senza inno quando andrete a dormire stasera
Vi dico: vi sveglierete in un paese che porterete su un cavallo al galoppo
Sussurro: Amici miei, non sarete mai come noi, canapo di una forca ignota!
Mahmud Darwish

Uno dei più importanti poeti palestinesi contemporanei, ancora in vita e residente ad Amman per problemi politici con lo stato d’Israele, è forse il poeta che ha saputo meglio rappresentare poeticamente il dramma del popolo palestinese, nella poesia è molto evidente la separazione tra il mondo onirico dove ci sono i germogli di vite e c’è una notte per cantare e la dura realtà dei guardiani e dei pugnali. Il verso più personale è sicuramente “siate l’inno di chi è senza inno”, che ben rappresenta anche il compito e il lavoro di Darwish. La chiusura con questo “canapo di una forca ignota” e forse la metafora più forte e più ben riuscita che sia stata fatta sul popolo palestinese.



F.P.

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