Schad - Dada
Non si
può capire Dada senza capire la tensione spirituale nella quale
nacque e crebbe.
“L’art
de l’époque du Traité de Versailles ilustre le désordre el
l’apparence de la folie, il ne résulte pas de la volonté d’un
petit groupe, il est le produit d’une société en plein désarroi
où des forces hostiles et irréconciliables s’affrontent”1.
Dada è
l’«avanguardia» storica che più esaspera le contraddizioni della
propria epoca: “non si accontentarono di scavalcare il problema e
dimenticare le contraddizioni mediante l’accettazione di un
inquadramento sistematico, garantito dalla tradizione, ma fecero
della sostanza stessa della decadenza il loro punto di partenza”2.
Punti costanti di riferimento sui quali condurre la propria analisi
sono i valori della cultura borghese: gli ideali della ragione
positivistica, del progresso e del Modernismo che portano
all’alienazione, all’inautenticità, alla guerra.
Christian
Schad impara presto a “disprezzare l’accademismo”3,
l’arte della borghesia, e sceglie, come molti altri giovani artisti
uniti dall’odio verso un ordine sociale del quale la guerra stessa
ha testimoniato il fallimento, il rifiuto ed il disprezzo per lo
stato di cose contingenti. Sceglie la fuga in territorio neutrale.
“Durante
l’estate del 1915, partii da Monaco col treno per raggiungere
Zurigo, passando dal cataclisma nero-bianco-rosso a un’oasi di
pace. Non avrei tardato a finire, come milioni di altri, lungo
disteso in una uniforme, nel fango cocente o addirittura, forse,
sotto una croce di betulla. Ero passato dall’ingranaggio della
guerra alla Bahnhofstrasse di Zurigo. Il cambiamento era enorme. Da
una parte, al di là della frontiera che avevo appena passato, tutti,
volenti o nolenti, venivano presi in un ingranaggio gigantesco ed
ibrido che li spingeva a zappare, uccidere, soffrire la fame;
dall’altra, qui, si viveva allegramente. Pensiero e poesia, grande
vanto dei tedeschi, si erano trasformati sotto la disciplina
prussiana nel motto ‘Dio, Imperatore e Patria’. L’ufficiale
rappresentava l’ideale dei valori borghesi di cui la guerra era la
maggiore conferma. Lo slancio vitale era sostituito dalla
sottomissione, le migliori qualità venivano deformate. […] Trovo
stupido che un uomo accetti di fare il burattino e un altro possa
comandargli di odiare e uccidere”4.
A
Zurigo, Schad entra in contatto con i membri di Dada: nella piccola
sala Cabaret Voltaire, aperta da Hugo Ball e Emmy Hennings, i
tedeschi Hans Richter e Richard Huelsenbeck, i romeni Tristan Tzara e
Marcel Janco e l’alsaziano Hans Arp avevano organizzato delle
serate di cabaret presto degenerate in provocazioni sistematiche
contro l'ordine borghese.
Tuttavia
stabilisce un rapporto più forte solo con lo scrittore Walter Serner
ed insieme lanciano, già nel 1915, la rivista Sirius, di cui
Schad illustra regolarmente ogni numero con disegni ed incisioni su
legno. Sul piano filosofico la rivista Sirius è opposta a
Dada. Infatti il punto di vista di Serner, che si esprime chiaramente
in questa pubblicazione, è profondamente pessimista ma anche
relativamente conservatrice: contrariamente ai dadaisti, Serner
continua ad essere convinto che una buona critica deve essere
sostenuta da una comprensione razionale delle cose e che qualsiasi
ricerca intellettuale è rispettabile5.
1
L. ARAGON, in Dada , Paris-Berlin, catalogo della mostra
della mostra, Parigi, centre Georges Pompidou, 1978, ristampa Paris
Gallimard 1992, p. 132
2
L. VALERIANI, Dada Zurigo, Ball e il Cabaret Voltaire.
Nadar: ricerche sull’arte contemporanea. Torino, Martano, 1970.
p. 45
3
C. SCHAD, in Christian Schad, catalogo della mostra a cura di
Bettina Schad, Milano, Galleria Schwarz, 1970. p. 1
4
Ibidem
5
A. L. HOCKENSMITH, in Dada, catalogo della mostra, Parigi,
Centre Georges Pompidou, 2005. p. 864
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