16.2.11

Dante+Courbet+Duchamp



Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte.

14.2.11

Christian Schad e le schadografie


Questa posizione si afferma quando Serner, prendendo le distanze dal gruppo riunito attorno al Cabaret Voltair, tratta Hugo Ball e Richard Huelsenbeck come due ribelli giovanili e li giudica duramente, sulla propria rivista, per la loro “blasphème impardonnable contre l’intelligence1, accusandoli di “se livrer à de pures singeries, au lieu de proposer una veritable alternative à ce qu’ils veulent détruire2.
Schad, vicino a Serner e alle sue posizioni antinichiliste, si tiene relativamente in disparte dalle attività dadaiste, non apprezzando “gli atteggiamenti studiati ed il rumore”3, anche se la sua invenzione della fotografia senza camera verrà da subito rivendicata come pratica dadaista.


La “scoperta” della schadografia
Dal 1916 Schad si stabilisce a Ginevra: “eravamo una piccola minoranza che costituiva per le due parti belligeranti un gruppo di outsiders e di guastafeste. Partecipavamo attivamente al movimento Dada soprattutto dipingendo, facendo rilievi, legni e Schadografie, termine coniato da Tristan Tzara”4.
La disputa che vedeva tre artisti –Christian Schad, Man Ray e Lazlo Moholy-Nagy –competere per la “scoperta” della fotografia senza camera fotografica, si è conclusa oggi a favore di Christian Schad5. Questi, forse influenzato da Serner, realizza nel 1918, o più probabilmente nel 1919, nel suo atelier di Ginevra, i primi esperimenti di questo tipo. Sovrapponendo, su fogli di carta fotosensibile, dei pezzi di carta o di tessuto ad oggetti «trouvés», ed esponendoli a una sorgente luminosa velata o diafframata6, ottiene delle immagini molto particolari: l’effetto è quello di collage immateriali7. Serner salue danc ces images abstraites, la fin de la technique pure dans l’art8.

Il procedimento consiste nel fare delle fotografie senza macchina fotografica. Si dispongono degli oggetti su una superficie sensibile (lastra o carta) e li si espone a una fonte luminosa. In due parole questo è il procedimento, ma le sue applicazioni sono molteplici. Si tratta soltanto di scegliere gli oggetti e di disporli in modo che ne risulti una enunciazione. Il gusto è determinante. Anche qui si può cadere nella volgarità. A mio parere si dovrebbero utilizzare solo gli oggetti che hanno in sé una qualità magica. E questo non è così semplice9.

In realtà la tecnica del cosiddetto fotogramma, non è stata “inventata” da Schad ma, conosciuta con appellativi diversi, era stata già praticata, dopo il debutto della fotografia su carta, dai pionieri della fotografia Thomas Wedgwood, proprio all’inizio del XIX secolo, e da William Henry Fox Talbot, che l’aveva battezzata photogenic drawing. Durante tutto il XIX secolo la fotografia senza camera, battezzata photocalque, photo directe, naturselbstduck, veniva utilizzata soprattutto con fini scientifici o ludici10. La vera invenzione di Christian Schad risiede nell’irruzione di questa tecnica nell’arte.
Come il fotomontaggio, che entrando prepotentemente nel linguaggio del dadaismo berlinese con la precisa intenzione di fare della satira politica e con il fine di rifiutare il “valore” estetico, rivoluziona il rapporto tra parola e immagine e tra parola e realtà11; le componenti dell’operazione della fotografia senza camera vanno rintracciate fondamentalmente in due momenti della ricerca estetica del secolo scorso: nel collage cubista e nell’importanza che la fotografia e il cinema assumono nel costruttivismo. Le nuove espressioni, costituite da fotografia e cinema, vanno inquadrate dal rapporto tutto nuovo stabilito tra arte e tecnica nel costruttivismo russo e che portano ad un trasferimento di interesse dal campo dell’arte figurativa a quello della fotografia. Moholy-Nagy individua proprio nella fotografia e nel cinema la massima possibilità di produrre con le forme “nuove relazioni, finora sconosciute”12.
La schadografia, o fotogramma, appare come l’estremo sviluppo delle potenzialità insite nel collage cubista.

petrus christus + piero della francesca + dino valls

11.2.11

Le Avventure di Sir Edwin Fuzz XV (only image)





Le Avventure di Sir Edwin Fuzz XIV (english)

The raid! Infuriated "Beatniks" attempt to storm the exit while hard-battling plainclothesmen drub them into submission.

Thinking of "The Man," Sir Edwin dashed upstairs and burst upon a couple in an already half-drugged state and apparently preparing a sinful act.

The spectacle in the next room was far more pathetic for there a degraded couple were in the act of leading an innocent woman to her doom. Sir Edwin's ire knew no bounds… The woman went to her knees in gratitude.

8.2.11

Christian Schad e le schadografie


Schad - Dada

Non si può capire Dada senza capire la tensione spirituale nella quale nacque e crebbe.

L’art de l’époque du Traité de Versailles ilustre le désordre el l’apparence de la folie, il ne résulte pas de la volonté d’un petit groupe, il est le produit d’une société en plein désarroi où des forces hostiles et irréconciliables s’affrontent1.

Dada è l’«avanguardia» storica che più esaspera le contraddizioni della propria epoca: “non si accontentarono di scavalcare il problema e dimenticare le contraddizioni mediante l’accettazione di un inquadramento sistematico, garantito dalla tradizione, ma fecero della sostanza stessa della decadenza il loro punto di partenza”2. Punti costanti di riferimento sui quali condurre la propria analisi sono i valori della cultura borghese: gli ideali della ragione positivistica, del progresso e del Modernismo che portano all’alienazione, all’inautenticità, alla guerra.
Christian Schad impara presto a “disprezzare l’accademismo”3, l’arte della borghesia, e sceglie, come molti altri giovani artisti uniti dall’odio verso un ordine sociale del quale la guerra stessa ha testimoniato il fallimento, il rifiuto ed il disprezzo per lo stato di cose contingenti. Sceglie la fuga in territorio neutrale.

Durante l’estate del 1915, partii da Monaco col treno per raggiungere Zurigo, passando dal cataclisma nero-bianco-rosso a un’oasi di pace. Non avrei tardato a finire, come milioni di altri, lungo disteso in una uniforme, nel fango cocente o addirittura, forse, sotto una croce di betulla. Ero passato dall’ingranaggio della guerra alla Bahnhofstrasse di Zurigo. Il cambiamento era enorme. Da una parte, al di là della frontiera che avevo appena passato, tutti, volenti o nolenti, venivano presi in un ingranaggio gigantesco ed ibrido che li spingeva a zappare, uccidere, soffrire la fame; dall’altra, qui, si viveva allegramente. Pensiero e poesia, grande vanto dei tedeschi, si erano trasformati sotto la disciplina prussiana nel motto ‘Dio, Imperatore e Patria’. L’ufficiale rappresentava l’ideale dei valori borghesi di cui la guerra era la maggiore conferma. Lo slancio vitale era sostituito dalla sottomissione, le migliori qualità venivano deformate. […] Trovo stupido che un uomo accetti di fare il burattino e un altro possa comandargli di odiare e uccidere4.

A Zurigo, Schad entra in contatto con i membri di Dada: nella piccola sala Cabaret Voltaire, aperta da Hugo Ball e Emmy Hennings, i tedeschi Hans Richter e Richard Huelsenbeck, i romeni Tristan Tzara e Marcel Janco e l’alsaziano Hans Arp avevano organizzato delle serate di cabaret presto degenerate in provocazioni sistematiche contro l'ordine borghese.
Tuttavia stabilisce un rapporto più forte solo con lo scrittore Walter Serner ed insieme lanciano, già nel 1915, la rivista Sirius, di cui Schad illustra regolarmente ogni numero con disegni ed incisioni su legno. Sul piano filosofico la rivista Sirius è opposta a Dada. Infatti il punto di vista di Serner, che si esprime chiaramente in questa pubblicazione, è profondamente pessimista ma anche relativamente conservatrice: contrariamente ai dadaisti, Serner continua ad essere convinto che una buona critica deve essere sostenuta da una comprensione razionale delle cose e che qualsiasi ricerca intellettuale è rispettabile5.

1 L. ARAGON, in Dada , Paris-Berlin, catalogo della mostra della mostra, Parigi, centre Georges Pompidou, 1978, ristampa Paris Gallimard 1992, p. 132
2 L. VALERIANI, Dada Zurigo, Ball e il Cabaret Voltaire. Nadar: ricerche sull’arte contemporanea. Torino, Martano, 1970. p. 45
3 C. SCHAD, in Christian Schad, catalogo della mostra a cura di Bettina Schad, Milano, Galleria Schwarz, 1970. p. 1
4 Ibidem
5 A. L. HOCKENSMITH, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 864

tragos odia

Agli antipodi di questa teoria aristotelica sulla tragedia sta quella di Nietzsche. Infatti pur essendo esterno al mondo della tragedia greca, Nietzsche dà forse il giudizio che più si avvicina alla verità e che allo stesso tempo capovolge tutte le precedenti teorie sull’arte e il modo di fare arte greco. Se, infatti, il giudizio tradizionale sull’arte greca è quello che si basa sull’idea di serenità, equilibrio e misura delle forme, è quindi un’arte catartica, purificatrice, quello di Nietzsche al contrario è frutto della convivenza e compartecipazione dello spirito apollineo e dello spirito dionisiaco. Apollo è il dio “risplendente”, profetico è l’impulso verso l’essere perfetto in sé, è ciò che presiede alle arti plastiche. Lo spirito dionisiaco è, al contrario, evasione, alienazione, impulso, ribellione e disordine. L’arte nasce dall’antagonismo e dall’armonia di queste due forze: la tragedia trova qui la sua essenza, infatti lo spirito apollineo plasma e fornisce una forma a quello dionisiaco. Solo in questo modo la tragedia, pur perdendo tutta la sua funzione catartica rende vivibile la vita all’uomo. Lo stesso filosofo a favore di questo dice: “L’arte sola ha il potere di piegare quelle idee piene di disgusto sull’orrore e l’assurdità dell’esistenza a rappresentazioni che fanno tollerabile la vita”.