25.5.10

prometeo

Promèteo: O divo ètere, o snelle ali dei venti, fonti dei fiumi, e dei marini flutti infinito sorriso, e te, che madre sei d'ogni cosa, o Terra, invoco, e te, che tutto miri, orbe del Sol! Vedete ciò ch'io, Celeste, dai Celesti soffro! Or vedete da quali travagli lanïato, per mille e mille anni patirò. Tali turpi catene a mio danno rinvenne il novello Signor dei Celesti. Ahimè, ahi!, dell'affanno presente, del venturo io mi lagno. Deh!, quando sarà l'ora che il termine segni di questi tormenti? Ma via, che dico? A parte a parte tutto ciò che sarà, prevedo; e non può giungermi niun cordoglio imprevisto. Adesso il fato, meglio ch'io possa, sopportar conviene: che del destino abbattere la possa nessuno vale. E pur, della mia sorte né favellare né tacere io posso. Ché per un dono che ai mortali io porsi, sotto il giogo sono io di tal destino: la furtiva predai fonte del fuoco nascosta entro la fèrula, che agli uomini maestra fu d'ogni arte, ed util sommo. Di tal misfatto pago il fio, nei lacci, a cielo aperto, turpemente avvinto. (Si ode una soave musica lontana) Ahimè, ahimè! Che voce, che ineffabile fragranza alïa verso me, di Nume, d'uomo, o d'ambedue commista? Giunge alcuno a veder le mie torture? O per qual brama? Ahi!, di catene avvinto questo misero Nume vedete, il nemico di Giove, che in odio venne a quanti Celesti s'addensano nella reggia di Zeus, perché gli uomini troppo amavo. Ah!, quale odo d'augelli novo strepito? L'ètere sibila sotto i battiti fitti dell'ali. M'è terror tutto ciò che s'appressa!
eschilo

Nessun commento:

Posta un commento